Uber, il colosso americano che ha trasformato radicalmente il mondo della mobilità e dei trasporti privati ha incassato un durissimo colpo a Londra: nei giorni scorsi, infatti, la Corte di Appello inglese ha bocciato le proteste della società della Silicon Valley e ha accolto e dichiarato legittime le richieste dei due ex conducenti James Farrar e Yaseen Aslam. Si tratta di un durissimo colpo non solo per Uber ma per tutte le società operanti nel settore. Ad esultare, invece, sono i Sindacati inglesi, in particolare la GMB che da sempre si batte a difesa dei diritti dei lavoratori freelance.
I motivi della sentenza contro Uber
Ad avviare il procedimento contro Uber sono stati James Farrar e Yaseen Aslam due ex autisti che lavoravano per Uber e che hanno fatto causa alla società chiedendo un cospicuo riconoscimento danni oltre all’inquadramento effettivo come “lavoratori dipendenti”. Il nodo del contendere è proprio questo: per Uber i suoi autisti o “driver” sono dei semplici privati che decidono di condividere con altri cittadini il loro tragitto in auto, ammortizzando così le spese e prestando un servizio utile ad altre persone che, dal canto loro, possono risparmiare molto rispetto ad un taxi tradizionale.
Nell’ottica della Start Up americana si tratta di un modello di business diretto, in cui sia autista che passeggero ottengono dei vantaggi ma in maniera del tutto informale e occasionale. Per i due driver che per primi hanno sporto denuncia contro Uber, invece, il loro è un vero lavoro dipendente a tutti gli effetti e in quanto tale necessita di tutte le tutele sindacali minime previste dalle leggi inglesi quali ferie, permessi per malattie, salari e compensi orari minimi e così via. Uber ha già annunciato che presenterà ricorso rispetto alla sentenza del Tribunale inglese la cui convalida potrebbe mettere in ginocchio il colosso americano: se tale sentenza dovesse essere confermata, infatti, Uber sarebbe costretta a riconoscere diritti sindacali e salariali ad oltre 50 mila autisti nella sola area metropolitana di Londra, con conseguenze domino in tutto il mondo.
Le ripercussioni della sentenza contro Uber
Come hanno sottolineato i sindacati inglesi, questa sentenza contro Uber rappresenta un precedente estremamente importante contro tutte quelle società che operano nella cosiddetta “GIG Economy”, ossia, letteralmente, nell’economia dei lavoretti saltuari. Qualora la sentenza dovesse essere confermata, infatti, Uber sarebbe costretta a riconoscere ai suoi driver l’inquadramento di veri e propri lavoratori dipendenti e non di semplici freelance e ciò potrebbe ripercuotersi anche su tutte le altre società che sfruttano la manodopera simulando rapporti di lavoro occasionali per eludere i doveri connessi alle tipologie di lavoro dipendente. Tra le società più a rischio vi è Foodora che potrebbe essere costretta a riconoscere pari diritti anche ai suoi biker.